Torna la stagione in cui vedremo di nuovo all’opera la dannosa attività di alimentazione della piralide del bosso (il lepidottero Cydalima perspectalis) le cui larve svernano ben nascoste tra le foglie della pianta. A breve daranno vita alla prima generazione dell’anno. Durante l’estate e l’inizio dell’autunno le generazioni che si susseguono saranno almeno tre provocando complete defogliazioni se non adeguatamente controllata.
Lo scorso autunno ho ricevuto un paio di segnalazioni di inefficacia dei trattamenti insetticidi effettuati contro la piralide del bosso che hanno portato a gravi danni alle piante, con intere branche disseccate. In entrambi i casi – mi è stato riferito – ci si era affidati all’insetticida Epik a base di acetamiprid per tentare di controllare la piralide.
Dalla ricerca nella letteratura scientifica non ho recuperato molto materiale utile all’individuazione del miglior protocollo di lotta. Probabilmente i motivi sono da ricercare da un lato nella specificità del parassita che infesta in pratica un solo genere di piante di interesse ornamentale, dall’altro nella diffusione in Europa ancora relativamente recente e soprattutto nella sostanziale assenza dell’insetto negli Stati Uniti, dove è stato di recente segnalato ma non sarebbe ancora diffuso in ampi territori. Mi aspetto nei prossimi anni una maggiore attività di ricerca scientifica anche in America.
Uno studio romeno di comparazione di efficacia di un gran numero di insetticidi mi è parso meritevole di attenzione. Balza subito agli occhi come mai i bossi trattati con acetamiprid (Epik) hanno avuto gravi danni: non è un insetticida di efficacia neppure lontanamente accettabile contro la piralide del bosso.
I migliori insetticidi (efficacia del 100%) sono risultati spinosad, chlorantraniliprole e metossifenozide seguiti da abamectina e poi clorpirifos.
Da una sommaria occhiata non mi risulta che questi attivi abbiano una registrazione per lo specifico impiego ma lascio a voi la ricerca tra i moltissimi formulati esistenti. Ricordo che clorpirifos è stato revocato in Europa dal 2020.
In Italia molti impiegano Bacillus thuringiensis come metodo di lotta biologica, ma anche in questo caso i risultati sono incostanti ed in molti casi aleatori. Il motivo è da ricercare nell’efficacia solo nei confronti delle larve giovanissime che unita alla persistenza del trattamento di pochissimi giorni rende difficile centrare il momento corretto di applicazione. In assenza di una segnalazione territoriale dell’andamento del ciclo biologico i trattamenti con Bt sono da prendere in considerazione solo con l’ausilio delle trappole a feromoni che consentono di monitorare il volo degli adulti e quindi la deposizione delle uova.
GL
Qui il link alla ricerca dove troverete l’abstract e potrete scaricare l’articolo completo in pdf:
https://journals.usamvcluj.ro/index.php/agricultura/article/view/13556/0