Si sente sempre più spesso indicare come negative le concimazioni minerali (dai più indicate come “chimiche”). Oggi vogliamo sfatare un mito, una sciocchezza per chi ha studiato un po’ di chimica del suolo.
Un falso mito riportato spesso da tecnici poco preparati: sostengono che i concimi minerali impoveriscono il suolo. Addirittura porterebbero sterilità, depauperamento della fertilità, desertificazione progressiva e altre cose orribili.
Semplicemente, NON è vero.
L’azoto apportato con una concimazione minerale (o chimica, se proprio dovete usare questo termine) può preservare la sostanza organica, ebbene sì.
Vediamo perché. La sostanza organica giunta nel suolo da varie fonti, la più comune è costituita dai residui colturali, nel suolo si trasforma fino a raggiungere una forma relativamente stabile avente un rapporto tra carbonio e azoto intorno al valore dieci. Questa sostanza, ricca in acidi umici e fulvici, è spesso chiamata humus, un termine generico e poco preciso, amato dai biologi più che dagli agronomi. Normalmente il materiale organico grezzo, ad esempio paglie, radici, stocchi e tutoli di mais, foglie, cippato, ha un rapporto C/N (carbonio/azoto) molto più alto e per raggiungere il valore dieci i microrganismi del suolo devono respirare, ovvero consumare quella sostanza organica con espulsione di carbonio sotto forma di anidride carbonica. Se ne deve andare tanto di carbonio fino a quando non sarà al giusto equilibrio con l’azoto. In questo modo molta della massa iniziale si perde nell’atmosfera. Se invece forniamo un apporto esterno di azoto la stabilità viene raggiunta più rapidamente e con meno spreco di carbonio. Alzando il denominatore del rapporto C/N preserviamo sostanza organica ottenendone un aumento nel suolo con i suoi noti benefici sulla fertilità. In altri termini, per portare un rapporto 30/1 a 10/1 possiamo attendere che il numeratore si abbassi – è carbonio che si perde in atmosfera – oppure fornire azoto facilitando l’equilibrio senza perdita di sostanza organica.
Esiste un secondo beneficio, indiretto: aumentare lo stock di carbonio nel suolo significa pari riduzione di CO2 in atmosfera che ha effetti sulle variazioni climatiche.
Solo qualora la sostanza organica di partenza avesse già un rapporto C/N equilibrato, cioè più vicino al valore 10, potrebbe essere il caso di letame o residui di leguminose, l’apporto di ulteriore azoto non avrebbe utilità nel conservare sostanza organica nel suolo. Ma dovremmo più propriamente parlare di concimi organici in questi casi, più che di apporti di sostanza organica dovuta alle ordinarie pratiche colturali.
Molti altri fattori influiscono sulla presenza e conservazione della sostanza organica. Ad esempio le lavorazioni del terreno come la classica aratura apportano ossigeno dando vigore alla flora batterica che sarà indotta ad ossidare, quindi consumare, sostanza organica liberando anidride carbonica. Le minime lavorazioni, o addirittura la coltivazione su terreno sodo, resa possibile dall’introduzione di erbicidi come il glifosate che consentono di non dover “rovesciare” il terreno per eliminare le erbaccce, conservano la sostanza organica. Inoltre apportano altri benefici quali la riduzione dell’erosione nei terreni declivi, il risparmio di carburante dei trattori, la minore alterazione del profilo del suolo con la conservazione dell’habitat di molti artropodi.
Non sarebbe il caso di smetterla di accusare l’agricoltura di ogni nefandezza e di cominciare a valutare che i cambiamenti in questo campo, dalla meccanizzazione alla chimica al miglioramento genetico delle colture, sono progressi utili a sfamare miliardi di persone con alimenti di qualità migliore e a costi infinitamente più bassi rispetto al passato?
Super!!!