Un consorzio di 12 istituti di ricerca europei più uno di coordinamento si è costituito nell’ambito del progetto Horizon 2020 “Integrated Pest Management of the invasive Japanese Beetle, Popillia japonica – IPM-Popillia”. Il progetto dell’Unione Europea finanziato con 5,5 milioni di euro ha la durata di quattro anni ed è coordinato dall’istituto svizzero Agroscope che ha vinto il relativo bando. Lo scopo è di unire gli sforzi nel contenimento dell’insetto potenzialmente distruttivo per ogni Paese d’Europa.
Dalle intenzioni dichiarate sembra che si punti in un primo momento soprattutto su funghi entomoparassiti già presenti nella collezione di Agroscope. Spero comunque che non si prescinda da un approfondito confronto con i ricercatori americani che di lotta a popillia hanno lunga esperienza. Ricordo che alcuni di loro considerano come più promettente per il controllo biologico il patogeno microsporidio Ovavesicula popilliae e che ricercatori (anche dell’Università di Milano) hanno trovato in Italia larve di popillia parassitate da un nematode del genere Oscheius. Per vari motivi che potremo analizzare (uno tra i tanti: non si insediano e bisogna distribuirli ogni anno) né il nematode Heterorhabditis né il fungo Metharizium serviranno a ridurre in modo significativo l’infestazione né tanto meno a scongiurare il pericolo che popillia arrivi nel resto d’Europa.
Per l’Italia partecipano al progetto il Crea, l’Università di Siena, la regione Piemonte e la cooperativa agricola Vignaioli piemontesi.
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